«Chi lascia una relazione odeporica, anche se non viaggia per diporto, può, solitamente, essere assimilato a chi lo fa» (Scaramellini 1985)

giovedì 23 giugno 2016

FRISI, Paolo

(Melegnano, MI, 1728 – Milano 1784), barnabita, scienziato, teologo e filosofo. In contatto con importanti scienziati del tempo, collaboratore delle Novelle letterarie di Giovanni Lami, membro della Royal Society dal 1757, tra l’agosto e il settembre 1766 visitò l’Inghilterra dove incontrò numerosi intellettuali di prim’ordine, tra cui D. Hume e B. Franklin. Del suo viaggio abbiamo un diario (conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, e parzialmente pubblicato in Venturi 1958) e alcune lettere inedite. 


Saggio sopra l'architettura gotica (Livorno 1766), la cui forma di discorso generale cela appena la motivazione. Giudicata l'architettura gotica esteticamente e staticamente inferiore a quella classica, il Saggiosi accentra su problemi di statica delle volte, circa i quali (senza riferirsi al duomo di Milano) il F. conferma le proprie posizioni. 


Un fatto decisivo nell'evoluzione intellettuale del F. fu il viaggio in Francia e Inghilterra, preparato da rapporti epistolari che sorpassarono l'ambito scientifico (nel 1765 inviò il Dei delitti e delle pene al d'Alembert). Il F. partì nell'aprile 1766 e, visitati Radicati, Gerdil e Lagrange, fu a Parigi dal 19 maggio. Le sue attività sono documentate dalla corrispondenza con l'Italia, da un diario del viaggio e da cenni successivi.
Nei due paesi incontrò gran parte del mondo scientifico e filosofico: a Parigi d'Alembert, D. Diderot, P.-H. Thiry d'Holbach, Ch.-A. Helvétius, G.-L. Leclerc de Buffon, M.-J. Caritat de Condorcet, A.-P. Séjour, J.-É. Montucla, H.-L. Duhamel de Monceau, A. Morellet, L.-A. Bougainville, J.-S. Bailly, C.-H. Watelet; a Londra (dove andò in agosto, tornando a Parigi nell'autunno attraverso Olanda e Belgio) D. Hume, B. Franklin, E. Waring, N. Maskelyne e di nuovo C. Walmesley. Mostrò il suo De gravitate (pubblicato nel 1768), sul quale d'Alembert ed É. Bezout riferirono positivamente all'Académie nel settembre, e discusse il problema dei tre corpi; visitò musei scientifici e gli osservatori di Parigi e Greenwich, presenziò a sedute delle accademie scientifiche, a occasioni mondane e spettacoli. Si confermò abile nello stabilire conoscenze (a Parigi una fu Anne-Marie Le Page du Boccage; a Londra fu in rapporto con diplomatici italiani e col nunzio pontificio). L'ambiente e la libertà dal controllo ecclesiastico lo entusiasmarono; scrisse da Parigi a A. Barbiano di Belgioioso che "i maggiori pazzi del mondo si trovano dove sono gli uomini di maggior spirito", e tuttavia "nelle altre città gli uomini si arrabbiano e si annoiano, e qui si vive". Anche se i dibattiti parigini gli parvero esprimere solo in parte indagini ponderate (che attribuì solo a quattro o cinque persone), la decisa scelta illuministica e l'urbanità gli attirarono credito: Diderot e d'Alembert scrissero di lui a Voltaire, e il secondo anche a Hume. Le conversazioni parigine radicalizzarono le sue posizioni ideologiche: le lettere del d'Holbach rivelano familiarità, ed egli rifiutò di incontrare il nemico degli enciclopedisti, E. Fréron. A Parigi preparò anche l'arrivo di Beccaria e A. Verri, partiti dopo di lui; ma quando il primo, atteso ansiosamente nei circoli illuministi, occupò il centro della scena suscitando il risentimento del Verri, e in seguito anticipò il ritorno in Italia, il F. lo giudicò negativamente. In seguito i loro rapporti furono solo di correttezza formale.
Il F. tornò a Milano nell'aprile 1767 evitando (secondo A. Verri) di fare una deviazione per visitare Voltaire, temendo il giudizio del caustico vegliardo. Dopo il viaggio la rete dei suoi corrispondenti si ampliò. Approntò per la stampa il De gravitate universali corporum (Milano 1768), preceduto nel 176 (...)
Al viaggio all'estero del 1766-67 ne seguì un secondo a partire dal luglio 1768 a Vienna. Il motivo immediato fu presentare a Giuseppe II il De gravitate, a lui dedicato. Anche questo viaggio fu un successo; l'imperatore e Kaunitz conversarono con il F. non solo di scienza (Giuseppe II volle essere aggiornato sugli studi sull'elettricità), ma sui rapporti Chiesa-Stato (era in corso la polemica sulla bolla In Coena Domini). Entrambi lo sollecitarono a occuparsene; Kaunitz gli trasmise un suo scritto sull'argomento e, in settembre, lo ospitò (primo italiano) nel suo possedimento moravo di Austerlitz; la sua stima fu tale che nel 1776 lo impose tra i membri della Società patriottica di Milano. A corte il F. conobbe il protomedico G. van Swieten, col quale parlò dell'innesto del vaiolo, e R. Calzabigi, che l'introdusse alla vita teatrale viennese. A Vienna e dopo il ritorno si dedicò a letture di diritto canonico, e tra novembre e dicembre stese un Ragionamento sopra la potestà temporale dei principi e l'autorità spirituale della Chiesa, dedicato a Giuseppe II ma rimasto inedito.
(...)
La sua reputazione scientifica sembrò crescere con il livello dei dedicatari dei suoi lavori. Fu associato ad altre accademie, puntualmente elencate nei frontespizi delle opere (Stoccolma, Lione, Copenhagen, Berna, Harlem, Uppsala, degli Agiati di Rovereto). Le relazioni estere, i premi e la diffusione delle opere sembrarono porlo al vertice della matematica italiana. Ma dopo il 1770 certe riserve precedenti (d'Alembert aveva criticato la dissertazione premiata a Berlino, e la sua corrispondenza con Lagrange mostra che entrambi non stimavano molto i lavori del F.; nel 1769 A. Verri scrisse al fratello che Le Seur e Jacquier non ritenevano il F. un matematico di primo livello) divennero più frequenti, ed egli trovò un sostenitore deciso nel solo P. Verri. La funzione di d'Alembert italiano, che aspirava a svolgere, urtava con limiti ambientali e col suo stato di religioso, e presupponeva una autorità scientifica indiscussa che gli mancò.
(...)
Nell'agosto 1778 il F. compì un terzo viaggio all'estero, andando in Svizzera col Gorani. Fu nel Canton Ticino e in quelli francofoni, visitò Ch. Bonnet e A. Trembley, con i quali corrispondeva. Nel successivo 1779 soffrì tra maggio e agosto di disturbi nervosi. 
(...) Nel 1783 il F. fu visitato da V. Alfieri, che gli affidò la diffusione a Milano del secondo volume delle sue tragedie e ne ebbe lettere di presentazione per Parigi. L. Castiglioni, nipote del Verri, ebbe da lui una commendatizia per Franklin. Nel maggio 1784 la sua notorietà fu sancita da un colloquio a Milano con Gustavo III di Svezia. Nell'estate, per i disturbi causatigli da più fistole, i medici gli consigliarono il riposo domestico. 

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