«Chi lascia una relazione odeporica, anche se non viaggia per diporto, può, solitamente, essere assimilato a chi lo fa» (Scaramellini 1985)

mercoledì 15 giugno 2016

BIANCHI, Isidoro

(Cremona 1731 - ivi 1808) religioso, autore delle Meditazioni su vari punti di felicità pubblica e privata (1772-1774) che ebbero numerose traduzioni. Fu in contatto con G.C. Amaduzzi,  Giovanni Bianchi, Beccaria e Verri. Risiedette lungo tempo in Sicilia, dove fu al centro di un folto gruppo di intellettuali.
Nel 1774 ottenne di essere nominato segretario del principe di Raffadali nella sua spedizione diplomatica in Danimarca. Passando per Napoli, Amsterdam ed Amburgo arrivarono a Copenhagen il 26 luglio. In Danimarca ammirò l'alfabetizzazione di gran parte della popolazione, fu in contatto con molti intellettuali, e spedì numerose corrispondenze erudite e scientifiche alle Novelle letterarie di Firenze, che furono poi riunite nel 1806 nel volume Sullo stato delle scienze e belle arti in Danimarca dopo la metà del sec. XVIII.
Nel maggio 1776 il principe di Raffadali fu trasferito a Lisbona. Bianchi lo seguì, e lungo il viaggio si fermò ad Amburgo a discutere con F.G. Klopstock e poi soggiornò qualche mese a Parigi, dove visitò Rousseau. Raggiunse il principe di Raffadali a Bourdeaux, per proseguire il viaggio per il Portogallo passando attraverso la Spagna. Giunto ad Alicante scriveva ad Amaduzzi che sarebbe tornato in Italia perché indebolito dai viaggi. Dai viaggi aveva appreso la lezione che "Bisogna uscir d'Italia per conoscere gli italiani" (lettera dell'8 gennaio a G. Cauzzi).
Giunse a Milano nel novembre 1776, dove Verri e Firmian lo convinsero a chiedere la secolarizzazione, ma il papa fu inamovibile. Firmian gli offrì una cattedra di filosofia morale nel ginnasio di Cremona. Fu avvertito che l'Inquisizione avrebbe voluto arrestarlo se fosse tornato nello Stato Pontificio.
Fu presumibilmente legato alla massoneria e nel 1786 stampò un opuscolo Dell'istituto dei veri liberi muratori.
Scrisse vari elogi funebri, tra cui quello per G.C. Amaduzzi.
Numerose delle sue lettere sono conservate negli archivi italiani.

DBI

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